«Giacomo Stuart, pochi anni prima che Shakespeare scrivesse Re Lear, disse al suo figlio maggiore che aveva due motivi per amare Dio: “Il primo perché ti ha fatto nascere uomo, il secondo perché ha fatto di te un piccolo Dio che siede sul Trono e comanda gli altri uomini”. Il sovrano sognava di comandare come Dio, non solo esigendo dai suoi sudditi un’obbedienza assoluta, ma anche un amore incondizionato. In Re Lear, Shakespeare esplora le catastrofiche conseguenze di questo sogno non solo nello stato, ma anche nella famiglia». Ferdinando Bruni e Francesco Frongia affrontano questo viaggio con umiltà artigianale, partendo dalla traduzione, parola dopo parola, con la lentezza delle antiche botteghe. Per la pittura dei grandi fondali, per i ricami sui costumi e per la costruzione
efficace di una frase. I corpi e le voci degli attori chiudono il cerchio, tra questi un folgorante Elio De Capitani nel ruolo del tormentato re. Come tutti i capolavori di Shakespeare, Re Lear può essere letto a diversi livelli, tragedia della vecchiaia e del potere, ma anche della responsabilità: Lear è un “sovrano ferito”, il cui male genera lo squallore nel paese. «Re Lear ci tocca da vicino perché è il racconto di uno dei viaggi più intensi dell’uomo verso la sua vera essenza. Un cammino rovinoso conduce il vecchio e arrogante re dal trono fino alla landa desolata dove riuscirà a intravvedere l’essenza più vera dell’uomo».