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18 Marzo 2022 alle ore 20:45
Sonatori de La Gioiosa Marca
Giorgio Fava e Giovanni Dalla Vecchia violini
Judit Földes viola
Walter Vestidello violoncello
Michele Gallo violone
Giancarlo Rado arciliuto e chitarra spagnola
Gianpietro Rosato cembalo
Tarquinio Merula (1594 ca. – 1665)
Ballo detto Pollicio
Ballo detto Eccardo
Ruggiero
Chiacona
Op. XII (Venezia, 1637)
Marco Antonio Ferro (? – 1662)
Sonata X
Sonata XI a 4
Op. I (Venezia, 1649)
Biagio Marini (1597 – 1666)
Passacaglio a 4
Sonata sopra La Monica
Op. XXII (Venezia, 1655)
Op. VIII (Venezia, 1626)
***
Carlo Farina (1600 ca. – 1649)
Capriccio stravagante a 4, Kurzweilig
Quodlibet
Libro II (Dresden, 1627)
Giovanni Battista Vitali (1632 – 1692)
Capriccio detto “il Molza” a 4
Op. V (Bologna, 1669)
Marco Uccellini (1603 – 1680)
Aria sopra La Bergamasca
Libro III (Venezia, 1642)
La musica da ballo è nel Seicento il punto d’incontro e di scambio tra musica popolare e musica colta. Come un fiume sotterraneo, scorre sotto tutta la produzione musicale: da chiesa, da camera, da teatro. Arie popolari e bassi ostinati affiorano continuamente nelle opere dei compositori dell’epoca.
Il fraseggio corto, la semplicità del materiale impiegato hanno energia e concisione inarrestabili: “la forza del ritmo”, come la chiamava Cartesio.
Anche il virtuoso (all’epoca spesso strumentista e compositore) ne coglie il valore e se ne impossessa per realizzare la sua opera d’arte.
Chi ne esaspera la vorticosa energia, come Tarquinio Merula, attraverso la variazione virtuosistica dei suoi balli, così esaltanti da farci dire con il Cervantes: “nel ballo della Ciaccona sta il segreto della vita bona!”.
Chi come Biagio Marini ne utilizza l’immediata comunicativa melodica, variando la celebre canzone popolare “Madre mia, non mi far monaca”.
Chi, infine, come Marco Uccellini ne fa la fonte primaria del proprio stile, divenendo così tra i più importanti testimoni del patrimonio della musica popolare in voga nel Seicento.